Hunted The Demon's Forge Pc











Recensione 
Bastano pochi minuti di gioco in compagnia di Hunted: La Nascita del Demone per comprendere quale fosse lo scopo originale dei ragazzi di inXile Entertainment: mescolare parti uguali di elementi tipici dell’action GDR e dello sparatutto in terza persona, aggiungendo all’equazione un forte elemento cooperativo. Una formula in parte inedita e ricca di contenuti, senza dubbio molto delicata da bilanciare: purtroppo, il prodotto finito delude in parte le buone premesse sulla carta, tradendo una certa immaturità del team di sviluppo. Sembra infatti che i ragazzi californiani capitanati da Brian Fargo non siano stati in grado di tirare le fila delle seppur interessanti premesse, consegnando al pubblico il classico “lavoro a metà”. L’incipit di Hunted: La Nascita del Demone non si perde in lunghi preamboli, presentando i due personaggi principali con un’efficace apertura in medias res: i mercenari Caddoc ed E’lara catturano da subito l’attenzione del giocatore grazie ai continui riferimenti a quello che evidentemente è un sodalizio che dura da molti anni, fatto di quotidiani combattimenti spalla a spalla, e risultante in un reciproco stuzzicarsi che accompagnerà l’arco narrativo per tutta la sua discreta durata. Un’alchimia che potrebbe ricordare quella dei protagonisti del recente Enslaved: Odyssey to the West, per quanto la caratterizzazione dei singoli si riveli alla lunga decisamente meno curata. Stesso dicasi per il background narrativo che fa da contorno, presto dimenticato in favore delle massicce dosi di azione.
Il gameplay è stato confezionato ad arte attorno alle caratteristiche dei due combattenti: Caddoc è paragonabile al tipico guerriero tank, capace di assorbire molti danni grazie allo scudo ed infliggerne altrettanti da distanza ravvicinata, l’elfa E’lara l’esatto opposto, agile, leggera e fragile, armata con arco e frecce in grado di controllare le folle da debita distanza. Ovvia la possibilità di passare da un personaggio all’altro, purtroppo non libera, ma limitata ad una scelta all’inizio di ogni nuovo livello: un freno onestamente poco comprensibile, in quanto un cambio “al volo” avrebbe potuto vivacizzare i combattimenti ed aumentare le possibilità strategiche. Per ovviare in parte a questa mancanza gli sviluppatori hanno fornito ai protagonisti delle armi secondarie “speculari” (ovvero una balestra per Caddoc e spada corta con scudo per E’lara), naturalmente molto meno efficaci delle principali, le quali finiranno per rimanere perlopiù inutilizzate.
Aggiungendo a tutto questo un classico sistema di coperture ed uno scarno comparto di magie offensive, divise tra quelle di potenziamento delle armi e quelle di attacco puro e semplice, si chiude il cerchio su un set di mezzi d'attacco più limitato di quanto le premesse suggerirebbero, che paga un evidente dazio alla generazione di shooter in terza persona post-Gears of War senza riuscire a decidere da che parte stare, se a cavallo dell’azione pura o dietro le statistiche tipiche del GDR. Il mix risultante è un pot pourri mal mescolato, reso ancor più ostico da digerire a causa di un set di controlli poco rifiniti e lenti nella risposta.
La necessità di cooperare, sia che si combatta a fianco della buona intelligenza artificiale amica, sia che si collabori con un amico online o in split screen, è stata invece orchestrata con più maestria: Caddoc avrà a disposizione alcune abilità magiche in grado di favorire il “tiro al bersaglio” di E’lara (come il tornado, grazie al quale sollevare i nemici da terra), l’elfa arciere sarà invece dotata di un’abilità in grado di frantumare gli scudi nemici, così che il guerriero possa averne ragione in pochi colpi. Interessante anche la possibilità di “caricare” il compagno con i poteri di una magia offensiva, ignorata dall’intelligenza artificiale amica, ma utilissima in cooperativa.
Si tratta purtroppo di sprazzi di lucidità in un contesto di noia e piattume, con il level design ridotto ad un’infinita sequela di corridoi (nonostante la varietà di ambientazioni, aperte e chiuse, non manchi) costellati di incontri con gruppi assortiti di nemici e qualche enigma (o meglio, il medesimo ripetuto all’infinito). Lo stesso pool di abilità ed incantesimi svela tutte le sue carte sin troppo presto, peccando decisamente in varietà: poche ore di gioco saranno più che sufficienti per sperimentare tutto ciò che il combat system ha da offrire, lasciando ampio spazio alla noia da metà avventura in avanti. Non aiutano le sporadiche sezioni puzzle, se così si possono definire, quasi tutte legate alla stessa meccanica, la quale finisce per venire a noia già dai primi capitoli. In questo senso, considerata l’assoluta linearità dell’incedere, l’eccessiva durata di alcune fasi di combattimento e la scarsa profondità del sistema offensivo, la buona durata complessiva (circa 15 ore) risulta del tutto vana.

Trailer 



Nessun commento:

Posta un commento